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ven
17 lug
2020Chiostro San FrancescoOsimoOre 21.15
INCONTRI MUSICALI AL CHIOSTRO ESTATE 2020 In collaborazione con Comune di Osimo, Assessorato alla Cultura - ASSO (Azienda Speciale Servizi Osimo) In collaborazione con Accademia d’Arte Lirica
Wolfgang Amadeus Mozart
Divertimento per archi n. 1 in re magg. K. 136
Georg Friedrich Händel
Giulio Cesare in Egitto HWV 17, arie di Cleopatra:
“Non disperar; chi sa?”
“Da tempeste il legno infranto”
Samuel Barber
Adagio per archi, Op. 11
Gustav Holst
St. Paul’s Suite, Op. 29 n. 2
In cordis: un emozionante concerto “nelle corde”, strumentali e vocali, dove si alternano e si compenetrano una grande varietà di sentimenti umani e di atmosfere espressive.
In apertura, la leggerezza del Divertimento per archi in re magg. K. 136 di Mozart, scritto nel 1772 da un compositore sedicenne rientrato a Salisburgo dopo il suo secondo viaggio in Italia. In esso emergono chiaramente i connotati della fortissima personalità creatrice mozartiana: motivi che si imprimono al primo colpo nella memoria dell’ascoltatore, melodie tratteggiate con grazia incantevole, slanci ritmici pieni di una vitalità energica, generosa e inesauribile, parte più nobile di uno stato di perenne giovinezza che il musicista mantenne sempre intatto fino alla morte.
Al cuore del concerto – in corde, giocando con le assonanze latine – la lussureggiante vocalità barocca del Giulio Cesare in Egitto di Händel (1724), dispiegata con spettacolari virtuosismi vocali fra la vezzosità civettuola della prima aria di Cleopatra in programma, “Non disperar; chi sa?”, e la concitazione funambolica della seconda aria, “Da tempeste il legno infranto”.
Dai flutti agitati di Händel al sogno di pace e redenzione dell’Adagio per archi, op. 11 di Samuel Barber, scritto nel 1936 quale movimento lento di un quartetto e in seguito rielaborato per ensemble d’archi come pezzo autonomo. Tutto in questo splendido brano, dalla lentezza del movimento all’ambiguità tonale fino all’omogeneità del ritmo e del timbro strumentale, suggerisce la visione di un luogo immaginario e senza tempo disteso oltre l’orizzonte infinito, oltre il lungo arco melodico che verso la fine del brano si eleva all’acuto crescendo sempre più in intensità per poi fissarsi sulla sommità di una volta altissima, illuminata da una luce accecante.
In chiusura, l’ebbrezza, l’allegria, l’entusiasmo che animano la St. Paul’s Suite di Holst, composta nel 1913 con l’intento di coniugare l’interesse per l’attività didattica svolta alla St Paul’s Girls’ School di Londra all’amore per l’antica musica tradizionale britannica, sorto nel musicista sin dal tempo della giovinezza a seguito delle ricerche sul folklore nazionale svolte nella campagna inglese. La musica popolare, infatti, ispira profondamente quest’opera assai gradevole e di grande impatto sul pubblico con i suoi vivaci ritmi di danza e i suoi momenti contemplativi dal sapore esotico.